Bando per il conferimento di quattro assegni di ricerca post-doc in “Global History and Governance” presso la Scuola Superiore Meridionale di Napoli.
Scadenza 15 Ottobre 2024
Bando per il conferimento di quattro assegni di ricerca post-doc in “Global History and Governance” presso la Scuola Superiore Meridionale di Napoli.
Scadenza 15 Ottobre 2024
La Scuola rilascia un diploma di specializzazione ai sensi del DM 31 gennaio 2006 (Riassetto delle Scuole di specializzazione nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale), finalizzato a fornire le competenze per dirigere archivi, biblioteche e centri di documentazione e per occupare posizioni di responsabilità al loro interno. Il titolo è requisito necessario per partecipare ai concorsi per archivista di Stato e per bibliotecario banditi dal MIBAC.
Serie curata da Guido Melis e Alessandro Natalini, con la collaborazione di Giulio Francisci e Gaetano Petraglia, realizzata all’interno degli spazi dell’Archivio centrale dello Stato, ente promotore del progetto, in collaborazione con la Società per gli studi di storia delle istituzioni e l’Università di Roma LUMSA.
Le video testimonianze completano un progetto di ricerca svoltosi negli anni passati sul tema degli Uffici di diretta collaborazione nell’Italia repubblicana e rappresentano un contributo imprescindibile per i ricercatori e i cittadini desiderosi di approfondire la storia dell’amministrazione italiana e delle istituzioni democratiche.
Le riprese sono state effettuate nel nuovo spazio museale permanente “Lo scrigno della memoria”, realizzato dall’Archivio Centrale dello Stato per scopi didattico-divulgativi, in cui sono esposti documenti, cimeli, materiali bibliografici, fotografici e audiovisivi particolarmente rappresentativi della storia del nostro Paese, dal Risorgimento alla Repubblica.
Lo scorso nove febbraio è stato depositato il parere del Consiglio di Stato in merito allo schema del
nuovo Regolamento del Ministero della Cultura, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai
sensi dell’art. 13 del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito con modificazioni in legge 16 dicembre 2022, n. 204, che sostituisce il precedente Regolamento approvato con DPCM, 2 dicembre 2019, n. 169.
Quest’ultimo Regolamento aveva previsto che l’Archivio Centrale dello Stato fosse diretto da un
dirigente di prima fascia, in grado di assicurare al principale istituto archivistico nazionale
l’autonomia scientifica e di gestione, prevista dalla normativa e soprattutto richiesta dall’importanza
del patrimonio conservato e dalle attività che vi si svolgono, fra le quali quella della realizzazione del Polo di conservazione degli archivi digitali dello Stato, finanziata nell’ambito del PNRR.
Il nuovo regolamento, sul quale si è pronunciato il Consiglio di Stato, prevede invece un
declassamento della figura apicale dell’Archivio centrale dello Stato, affidando la sua Direzione ad
un dirigente di seconda fascia nominato dal Direttore generale archivi. Questa previsione è stata
giustamente oggetto di censura da parte del Consiglio di Stato, così come lo era stata nel parere
espresso sul medesimo schema di regolamento dal Consiglio superiore dei beni culturali e
paesaggistici nella seduta del 1 dicembre 2023 che ha chiesto di “mantenere per l’Archivio Centrale
dello Stato la posizione dirigenziale di prima fascia così come accade in tutti i paesi per i
corrispondenti archivi nazionali, uffici di livello apicale rispetto agli altri istituti archivistici”.Per parte sua il Consiglio di Stato ha opportunamente sottolineato che l’attribuzione della Direzione
dell’ACS ad un dirigente di seconda fascia non è in grado si salvaguardare l’autonomia tecnico
scientifica dell’Istituto né appare consono alla rilevanza delle sue funzioni “all’interno
dell’organizzazione statale nel suo complesso” per il ruolo che esso svolge di custode degli archivi
storici degli organi centrali dello Stato e dei principali enti di importanza nazionale. Il Consiglio di
stato richiede perciò che il Ministero sottoponga la scelta compiuta ad “attenta ponderazione eriflessione” e suggerisce di individuare altre soluzioni in grado di evitare di derubricare o declassare
il rilievo organizzativo e funzionale dell’ACS, pronunciandosi in sostanza per l’affidamento della
Direzione dell’ACS ad una sorta di diarchia costituita dal Direttore generale archivi, in qualità di
“titolare-preposto” e da un dirigente di seconda fascia con il ruolo di “coordinatore” degli uffici
dell’ACS e dei compiti a questi assegnati.
La Società per la storia delle istituzioni esprime forte preoccupazione di fronte all’ipotesi di
declassamento de facto della figura apicale dell’ACS, che ne indebolisce l’autorevolezza e la capacità di sostenere con la necessaria efficacia i compiti di custode del patrimonio archivistico nazionale in una fase particolarmente delicata nella quale la memoria documentaria novecentesca attende ancora di essere interamente messa a disposizione della ricerca storica mentre nuove sfide sono imposte dalle tecnologiche digitali che hanno rivoluzionato le modalità di produrre, conservare ed accedere ai documenti e agli archivi.
Condivide pertanto le forti riserve avanzate sul declassamento dell’ACS sia da parte del Consiglio
Superiore dei beni culturali e paesaggistici che del Consiglio di Stato. Ritiene tuttavia che la soluzione proposta da quest’ultimo non sia affatto adeguata alla salvaguardia del ruolo dell’ACS, ma che - al contrario – comporti una tale subordinazione da compromettere inevitabilmente l’autonomia tecnico scientifica dell’Istituto e da rendere inutilmente macchinosa e inefficiente la sua gestione, paralizzando le scelte e l’assunzione delle decisioni.
Auspica pertanto che il Consiglio dei ministri, consapevole dell’importanza della valorizzazione della memoria documentaria nazionale come espressione della sua identità e fondamentale strumento di conoscenza della sua storia, voglia continuare ad affidare la Direzione dell’Archivio Centrale dello Stato ad un dirigente di prima fascia, modificando in tal senso lo schema di regolamento di organizzazione del Ministero della Cultura.
8 marzo 2024
Società per gli studi di storia delle istituzioni
Domenica 10 marzo 2024 si terranno le celebrazioni per il 152° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, con inizio alle ore 09.30 in piazza Mazzini a Pisa, con la tradizionale deposizione della corona d’alloro al Monumento a Giuseppe Mazzini.
Alle 10.30 presso la Domus Mazziniana il prof. Eugenio F. Biagini dell’Università di Cambridge terrà la propria lectio magistralis sul tema Giuseppe Mazzini nella Storia della Democrazia.
La sera, alle 21.15, le celebrazioni termineranno con un concerto di musica da camera della tradizione italiana di due giovani artisti pisani, il pianista Francesco Saviozzi e la soprano Ilaria Casai.
Necessario confermare la presenza agli eventi entro venerdì 8 marzo via mail all’indirizzo eventi@
ANAI Associazione Nazionale Archivistica Italiana, intende organizzare un incontro virtuale di conoscenza reciproca, condivisione di buone pratiche e di contenuti con coloro che, sul web o sui social, gestiscono e producono notizie per siti o profili di istituzioni archivistiche o, più in generale, a tema archivistico.
Per raccogliere il più alto numero di partecipanti e organizzare al meglio l'incontro, si invitano quanti fossero interessati a contattare la Segreteria ANAI, via mail all'indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it., manifestando l'adesione con una breve presentazione personale o dell'istituzione rappresentata.
Al termine della raccolta delle adesioni, il 15 marzo 2024, all'indirizzo mail comunicato, verrà indicata data, orario e link alla piattaforma web scelta per l'incontro.
Il confronto, che si vuole libero e informale, può essere il punto di inizio di una strategia comune per la pubblicizzazione condivisa di patrimoni e attività archivistiche, è comunque indispensabile per conoscere, il più possibile, lo stato dell'arte.
Segnaliamo:
presentato da MANZI Irene
testo di Giovedì 28 dicembre 2023, seduta n. 219
https://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=5/01777&ramo=CAMERA&leg=19
L’8 gennaio 2024 ci ha lasciato Mario Missori. Chi ha frequentato la sala di studio dell’Archivio centrale dello Stato all’Eur nel periodo che va dal giorno della sua apertura, il 1°aprile del 1960, fino all’anno 1994, non può non ricordarsi di lui, della persona mite e riservata che era, ma certamente anche della sua competenza archivistica, che ne ha fatto a lungo una delle «colonne» dell’Istituto.
Mario era nato a Montecompatri, in provincia di Roma, nel 1935; il suo rapporto con gli archivi era cominciato in occasione dell’atto fondante dell’Archivio centrale, quando era stato necessario il trasferimento della documentazione prima dispersa in quattro luoghi diversi (Sant’Ivo alla Sapienza, il convento in via di Campo Marzio, l’edificio del San Michele a Ripa Grande e la sede di via del Gonfalone) e la collocazione di quell’immenso patrimonio di fonti nella nuova sede dell’Eur. «Fu figura fondamentale per le operazioni di trasloco dell’Archivio centrale alla nuova sede – ha appena ricordato Andrea De Pasquale nel suo volume La memoria d’Italia. L’Archivio centrale dello Stato e le carte della Nazione –, occupandosi della collocazione fisica e logica dei fondi in arrivo, gestita addirittura pernottando in Archivio, grazie ad una speciale autorizzazione di Salvatore Carbone, diventando così forse la persona più esperta di fondi del Centrale».
E che quest’ultima affermazione è assolutamente corrispondente alla verità, lo conferma l’intervista dello stesso Missori nel volume L’Archivio Centrale dello Stato 1953-1993, curato ormai molti anni fa da Mario Serio, in cui egli stesso raccontava ad Annalisa Zanuttini:
Man mano che il lavoro procedeva mi appassionavo sempre più ai contenuti dei documenti, alle molteplici possibilità di ricerca, alle diverse chiavi di accesso, alla struttura dei vari archivi. Ricordo le sensazioni molto forti quando aprivo una busta e trovavo notizie su un certo avvenimento o su determinati personaggi, sentivo che si trattava di materiale vivo e che quell’enorme massa di carte aveva un valore solo se ordinato nel migliore dei modi. […] Quel trasferimento mi ha permesso di esaminare tutte le carte e di acquisire una conoscenza globale e abbastanza approfondita della documentazione conservata nel nostro Istituto, conoscenza che ho poi messo a disposizione dei ricercatori soprattutto per segnalare e agevolare la consultazione di molte serie archivistiche ancora prive di inventari.
Non si potrebbe scrivere un ritratto migliore dell’eccellente funzionario che fu Missori. Con tenacia e sacrificio, negli anni, era riuscito a laurearsi, ad entrare nei ruoli nell’amministrazione e a percorrere la carriera, sempre lavorando senza risparmiarsi. Mentre dedicava tutte le sue energie al trasferimento dei fondi – operazione portata a termine fra il mese di maggio del 1959 e la fine di aprile del 1960, con lo spostamento e ricollocazione di più di 700 pezzi al giorno –, frattanto curava la redazione della Guida dell’Archivio centrale dello Stato, strumento indispensabile per la conoscenza del patrimonio, costantemente aggiornata poi con i successivi cospicui versamenti.
La sua consulenza si è rivelata insostituibile per gli studiosi che in numero crescente popolavano la Sala di studio. In particolare con Renzo De Felice, quella consulenza si espresse in un rapporto strettissimo, anche umano, del quale lo storico del fascismo volle dare più volte a Missori pubblico riconoscimento. Già negli anni in cui avviava la sua monumentale biografia di Mussolini, De Felice poteva, tramite l’assidua assistenza di Missori, usufruire del contemporaneo riordinamento degli archivi del periodo fascista. Altrettanto avvenne per Philip Cannistraro, che ricordò poi come, senza il suo aiuto fondamentale, non avrebbe consultato in così breve tempo i fondi necessari alla scrittura dell’importante e pionieristico volume sul Ministero del Cultura popolare; e per Paul Corner; e tanti altri studiosi che in tempi diversi si avvalsero della preziosa collaborazione di Missori. Certamente il suo esempio, quello cioè di un funzionario così appassionato e disponibile a condividere il suo sapere, è stato all’origine del formarsi di quella tradizione di ampia e liberale apertura alla consultazione che ha poi sempre caratterizzato l’Archivio centrale.
Negli anni, il suo impegno (lavorava per lo più nei depositi del grande palazzo dell’Eur, trascorrendovi intere giornate senza badare agli orari) ha permesso il versamento e riordinamento di importanti serie archivistiche, a partire dal Casellario politico centrale, dalla Polizia politica e da altre serie della Direzione generale della Pubblica sicurezza, per proseguire poi con le carte della Mostra della Rivoluzione fascista, del Tribunale speciale per la difesa dello Stato e dell’Ente Eur e tanti altri fondi.
È stato un impegno anche civile, il suo. Come testimonia la collaborazione preziosa all’allestimento della prima mostra organizzata dall’Istituto nel 1975, nel 50° anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, occasione per offrire a un pubblico più vasto di quello dei ricercatori la possibilità di avvicinarsi a documenti di archivio, ma anche esempio di un’ampia ricerca su archivi privati, fonti a stampa e bibliografiche, un modello per le tante mostre che l’Archivio centrale avrebbe allestito da allora in poi su innumerevoli temi e personalità. A metà degli anni Settanta partecipò anche al progetto di ricerca, finanziato dal Cnr, per la redazione dell’Inventario delle fonti manoscritte relative alla storia dell’Africa del Nord esistenti in Italia, insieme a Calogero Piazza e Cesira Filesi, incaricato dello spoglio delle carte conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato. Non è possibile offrire qui un elenco delle innumerevoli imprese cui diede, senza nulla chiedere in cambio, la sua decisiva collaborazione scientifica. Ma varrà la pena di scorrerne a bibliografia. Anche per chi non lo abbia conosciuto, il nome di Mario Missori è indissolubilmente legato a due pubblicazioni che si sono rivelate preziosissime per gli studiosi di storia contemporanea: mi riferisco a Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d’Italia (questo il titolo della terza e ultima edizione del volume, del 1989, dopo le due precedenti del 1973 e del 1978), e a Gerarchie e Statuti del P.N.F. Gran Consiglio, Direttorio nazionale, Federazioni provinciali: quadri e biografie, del 1986, primo esito di un progetto assai ambizioso purtroppo in parte inattuato, di un Chi è? del Ventennio, che avrebbe dovuto comprendere anche i parlamentari, i politici, i vertici dell’amministrazione statale, dei sindacati fascisti, della Milizia, delle amministrazioni locali: un’impresa troppo grande per una sola persona, sia pure piena di entusiasmo e determinazione com’era Mario. Raccontava lo stesso Missori nell’intervista a Zanuttini che l’idea del volume sui Governi e le alte cariche dello Stato gli era venuta per la sua stessa difficoltà, all’epoca, di reperire persino i nomi dei componenti dei vari governi, per non dire delle alte cariche dello Stato. Avendo egli utilizzato fonti archivistiche (e chi lo ha conosciuto sa con quanta acribia filologica), sa che si era trattato di un lavoro «lungo, molto lungo», svoltosi dal 1966 al 1973 per la prima edizione, poi in due altri anni di ricerca per i dati anagrafici riportati nella seconda edizione, infine in ancora altri due anni per aggiungere, nell’ultima edizione, i magistrati delle Corti di appello.
L’ultima parte della sua carriera, tra maggio 1994 e giugno 1999, si svolse al Consiglio di Stato, dove ricevette l’incarico di responsabile dell’Archivio generale dell’istituzione ed ebbe modo di collaborare con un appassionato giurista interessato alla storia come Giuseppe Barbagallo: firmarono insieme l’articolo Il linguaggio delle sentenze, pubblicato nel secondo fascicolo del 1999 della rivista «Nuova giurisprudenza civile commentata».
Nel 2011 Mario cedette i suoi 1300 libri, già ordinati in modo meticoloso – come era sua consuetudine – alla Biblioteca di studi politici dell’Università Roma Tre: ne riferisce Raffaella Stimato, Il Fondo Mario Missori: la biblioteca di un archivista, nel volume Libri esemplari. Le biblioteche d’autore a Roma Tre. Una donazione che costituisce un ultimo atto di generosità: uno strumento prezioso per gli studi di storia contemporanea, nello stesso tempo testimonianza della ricchezza dei suoi interessi. Sarà difficile dimenticare Mario Missori: scordarsi della sua straordinaria capacità di lavoro, della sua etica di servitore disinteressato delle istituzioni, ma soprattutto della sua disponibilità e della sua gentilezza verso i colleghi che come me hanno avuto il privilegio di essergli accanto e verso i tanti, studiosi di nome ma anche semplici utenti occasionali degli archivi, ai quali ha prestato in tanti anni la sua opera. In tanti gli dobbiamo qualcosa, in molti sentiremo la sua mancanza.
Giovanna Tosatti
Giovedì 25 gennaio 2024, presso la Sala Convegni, verrà inaugurata la XII edizione del Corso di Alta Formazione in Archivistica contemporanea.
Programma:
ore 9.30 SALUTI ISTITUZIONALI
Dott. Antonio Tarasco, Direttore generale Archivi
ore 10.00 LECTIONES MAGISTRALES
Dott. Andrea De Pasquale, Direttore generale delegato ACS
“La memoria d’Italia: la nascita dell’Archivio Centrale dello Stato”
Prof. Guido Melis, Già ordinario di Storia delle Istituzioni politiche – “Sapienza” Roma
“Archivi e storia delle amministrazioni pubbliche”
ore 13.00 PRESENTAZIONE DELL’OFFERTA FORMATIVA
Dott.ssa M. Letizia Sagù, Coordinatore scientifico del Corso
ore 13.30 CONSEGNA ATTESTATI AI CORSISTI A.A. 2022/2023
La rivista dell'Associazione. Dal giugno del 1995, in pubblicazioni semestrali, raccoglie importanti contributi alla storiografia storico-istituzionale e ai suoi sviluppi, con speciale attenzione al suo rapporto con il patrimonio delle fonti.