Ricordo di Mario Missori

L’8 gennaio 2024 ci ha lasciato Mario Missori. Chi ha frequentato la sala di studio dell’Archivio centrale dello Stato all’Eur nel periodo che va dal giorno della sua apertura, il 1°aprile del 1960, fino all’anno 1994, non può non ricordarsi di lui, della persona mite e riservata che era, ma certamente anche della sua competenza archivistica, che ne ha fatto a lungo una delle «colonne» dell’Istituto.

Mario era nato a Montecompatri, in provincia di Roma, nel 1935; il suo rapporto con gli archivi era cominciato in occasione dell’atto fondante dell’Archivio centrale, quando era stato necessario il trasferimento della documentazione prima dispersa in quattro luoghi diversi (Sant’Ivo alla Sapienza, il convento in via di Campo Marzio, l’edificio del San Michele a Ripa Grande e la sede di via del Gonfalone) e la collocazione di quell’immenso patrimonio di fonti nella nuova sede dell’Eur. «Fu figura fondamentale per le operazioni di trasloco dell’Archivio centrale alla nuova sede – ha appena ricordato Andrea De Pasquale nel suo volume La memoria d’Italia. L’Archivio centrale dello Stato e le carte della Nazione –, occupandosi della collocazione fisica e logica dei fondi in arrivo, gestita addirittura pernottando in Archivio, grazie ad una speciale autorizzazione di Salvatore Carbone, diventando così forse la persona più esperta di fondi del Centrale».

E che quest’ultima affermazione è assolutamente corrispondente alla verità, lo conferma l’intervista dello stesso Missori nel volume L’Archivio Centrale dello Stato 1953-1993, curato ormai molti anni fa da Mario Serio, in cui egli stesso raccontava ad Annalisa Zanuttini:

Man mano che il lavoro procedeva mi appassionavo sempre più ai contenuti dei documenti, alle molteplici possibilità di ricerca, alle diverse chiavi di accesso, alla struttura dei vari archivi. Ricordo le sensazioni molto forti quando aprivo una busta e trovavo notizie su un certo avvenimento o su determinati personaggi, sentivo che si trattava di materiale vivo e che quell’enorme massa di carte aveva un valore solo se ordinato nel migliore dei modi. […] Quel trasferimento mi ha permesso di esaminare tutte le carte e di acquisire una conoscenza globale e abbastanza approfondita della documentazione conservata nel nostro Istituto, conoscenza che ho poi messo a disposizione dei ricercatori soprattutto per segnalare e agevolare la consultazione di molte serie archivistiche ancora prive di inventari.

Non si potrebbe scrivere un ritratto migliore dell’eccellente funzionario che fu Missori. Con tenacia e sacrificio, negli anni, era riuscito a laurearsi, ad entrare nei ruoli nell’amministrazione e a percorrere la carriera, sempre lavorando senza risparmiarsi. Mentre dedicava tutte le sue energie al trasferimento dei fondi – operazione portata a termine fra il mese di maggio del 1959 e la fine di aprile del 1960, con lo spostamento e ricollocazione di più di 700 pezzi al giorno –, frattanto curava la redazione della Guida dell’Archivio centrale dello Stato, strumento indispensabile per la conoscenza del patrimonio, costantemente aggiornata poi con i successivi cospicui versamenti.

La sua consulenza si è rivelata insostituibile per gli studiosi che in numero crescente popolavano la Sala di studio. In particolare con Renzo De Felice, quella consulenza si espresse in un rapporto strettissimo, anche umano, del quale lo storico del fascismo volle dare più volte a Missori pubblico riconoscimento. Già negli anni in cui avviava la sua monumentale biografia di Mussolini, De Felice poteva, tramite l’assidua assistenza di Missori, usufruire del contemporaneo riordinamento degli archivi del periodo fascista. Altrettanto avvenne per Philip Cannistraro, che ricordò poi come, senza il suo aiuto fondamentale, non avrebbe consultato in così breve tempo i fondi necessari alla scrittura dell’importante e pionieristico volume sul Ministero del Cultura popolare; e per Paul Corner; e tanti altri studiosi che in tempi diversi si avvalsero della preziosa collaborazione di Missori. Certamente il suo esempio, quello cioè di un funzionario così appassionato e disponibile a condividere il suo sapere, è stato all’origine del formarsi di quella tradizione di ampia e liberale apertura alla consultazione che ha poi sempre caratterizzato l’Archivio centrale.

Negli anni, il suo impegno (lavorava per lo più nei depositi del grande palazzo dell’Eur, trascorrendovi intere giornate senza badare agli orari) ha permesso il versamento e riordinamento di importanti serie archivistiche, a partire dal Casellario politico centrale, dalla Polizia politica e da altre serie della Direzione generale della Pubblica sicurezza, per proseguire poi con le carte della Mostra della Rivoluzione fascista, del Tribunale speciale per la difesa dello Stato e dell’Ente Eur e tanti altri fondi.

È stato un impegno anche civile, il suo. Come testimonia la collaborazione preziosa all’allestimento della prima mostra organizzata dall’Istituto nel 1975, nel 50° anniversario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, occasione per offrire a un pubblico più vasto di quello dei ricercatori la possibilità di avvicinarsi a documenti di archivio, ma anche esempio di un’ampia ricerca su archivi privati, fonti a stampa e bibliografiche, un modello per le tante mostre che l’Archivio centrale avrebbe allestito da allora in poi su innumerevoli temi e personalità. A metà degli anni Settanta partecipò anche al progetto di ricerca, finanziato dal Cnr, per la redazione dell’Inventario delle fonti manoscritte relative alla storia dell’Africa del Nord esistenti in Italia, insieme a Calogero Piazza e Cesira Filesi, incaricato dello spoglio delle carte conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato. Non è possibile offrire qui un elenco delle innumerevoli imprese cui diede, senza nulla chiedere in cambio, la sua decisiva collaborazione scientifica. Ma varrà la pena di scorrerne a bibliografia. Anche per chi non lo abbia conosciuto, il nome di Mario Missori è indissolubilmente legato a due pubblicazioni che si sono rivelate preziosissime per gli studiosi di storia contemporanea: mi riferisco a Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d’Italia (questo il titolo della terza e ultima edizione del volume, del 1989, dopo le due precedenti del 1973 e del 1978), e a Gerarchie e Statuti del P.N.F. Gran Consiglio, Direttorio nazionale, Federazioni provinciali: quadri e biografie, del 1986, primo esito di un progetto assai ambizioso purtroppo in parte inattuato, di un Chi è? del Ventennio, che avrebbe dovuto comprendere anche i parlamentari, i politici, i vertici dell’amministrazione statale, dei sindacati fascisti, della Milizia, delle amministrazioni locali: un’impresa troppo grande per una sola persona, sia pure piena di entusiasmo e determinazione com’era Mario. Raccontava lo stesso Missori nell’intervista a Zanuttini che l’idea del volume sui Governi e le alte cariche dello Stato gli era venuta per la sua stessa difficoltà, all’epoca, di reperire persino i nomi dei componenti dei vari governi, per non dire delle alte cariche dello Stato. Avendo egli utilizzato fonti archivistiche (e chi lo ha conosciuto sa con quanta acribia filologica), sa che si era trattato di un lavoro «lungo, molto lungo», svoltosi dal 1966 al 1973 per la prima edizione, poi in due altri anni di ricerca per i dati anagrafici riportati nella seconda edizione, infine in ancora altri due anni per aggiungere, nell’ultima edizione, i magistrati delle Corti di appello.  

L’ultima parte della sua carriera, tra maggio 1994 e giugno 1999, si svolse al Consiglio di Stato, dove ricevette l’incarico di responsabile dell’Archivio generale dell’istituzione ed ebbe modo di collaborare con un appassionato giurista interessato alla storia come Giuseppe Barbagallo: firmarono insieme l’articolo Il linguaggio delle sentenze, pubblicato nel secondo fascicolo del 1999 della rivista «Nuova giurisprudenza civile commentata».

Nel 2011 Mario cedette i suoi 1300 libri, già ordinati in modo meticoloso – come era sua consuetudine – alla Biblioteca di studi politici dell’Università Roma Tre: ne riferisce Raffaella Stimato, Il Fondo Mario Missori: la biblioteca di un archivista, nel volume Libri esemplari. Le biblioteche d’autore a Roma Tre. Una donazione che costituisce un ultimo atto di generosità: uno strumento prezioso per gli studi di storia contemporanea, nello stesso tempo testimonianza della ricchezza dei suoi interessi. Sarà difficile dimenticare Mario Missori: scordarsi della sua straordinaria capacità di lavoro, della sua etica di servitore disinteressato delle istituzioni, ma soprattutto della sua disponibilità e della sua gentilezza verso i colleghi che come me hanno avuto il privilegio di essergli accanto e verso i tanti, studiosi di nome ma anche semplici utenti occasionali degli archivi, ai quali ha prestato in tanti anni la sua opera. In tanti gli dobbiamo qualcosa, in molti sentiremo la sua mancanza.

                          

Giovanna Tosatti

 

Cerca nel sito

Le Carte e la Storia

La rivista dell'Associazione. Dal giugno del 1995, in pubblicazioni semestrali, raccoglie importanti contributi alla storiografia storico-istituzionale e ai suoi sviluppi, con speciale attenzione al suo rapporto con il patrimonio delle fonti.

MAGGIORI INFORMAZIONI

- Edizione IL MULINO -

Free Joomla templates by L.THEME